Il suono del campanello segna un drammatico cambiamento nella vita di Clyde Shelton. Nella sua casa fanno infatti irruzione improvvisamente due malviventi che uccidono in maniera efferata sua moglie e sua figlia. Nel corso del processo a carico della coppia di criminali, uno ottiene la riduzione della pena dal procuratore Nick Rice grazie a un’ambigua confessione, mentre l’altro subisce la condanna a morte. Per Shelton, tuttavia, il caso non è chiuso e inizia così la sua lotta contro coloro che gli hanno negato giustizia.
A chi fosse in cerca di valide ragioni per recarsi al cinema dopo la pausa estiva e vedere Giustizia privata è bene sottoporre alcune considerazioni. La prima è costituita dal ritorno sul set, dopo una pausa di riflessione di ben cinque anni, di F. Gary Gray, quarantunenne regista statunitense di indubbio talento che finora ha preso il posto di comando dietro la macchina da presa con estrema parsimonia realizzando, però, sempre pellicole di successo. Basti pensare a Il negoziatore (1998), la sua terza fatica capace di consacrarlo nel novero dei cineasti più interessanti sulla scena internazionale, per poi ricordare Il risolutore e The italian job, entrambi del 2003, e infine, nel 2005, Be cool, che ha segnato la sua ultima uscita. Il secondo motivo è relativo alla coppia di interpreti che si fronteggiano nel corso della narrazione in una sfida avvincente, e cioè Jamie Foxx e Gerard Butler. Il primo nei panni di un avvocato sceso a poco onorevoli compromessi; il secondo in quelli di un marito e padre distrutto dalla perdita della sua famiglia ma desideroso di vendetta.
A ben vedere, quello che cerca Clyde Shelton, personaggio interpretato con efficacia da Butler, non è soltanto chiudere il conto con chi lo ha barbaramente privato dei suoi affetti. Sull’indubbio desiderio di rivalsa che lo anima si innesta, nel corso del lungometraggio, anche una sorta di ribellione contro i meccanismi generali del sistema di giustizia e le persone che detengono il potere di gestirlo. L’uomo esemplare ricordato dal titolo originale dell’opera, Law abiding citizen (cittadino rispettoso della legge, appunto), si trasforma nel suo contrario proprio per una perversa applicazione del sistema processuale. Una delle note positive dell’opera risulta senz’altro il progressivo rovesciamento dei ruoli, la costante incertezza su cosa sia da considerarsi giusto e cosa sia invece sbagliato.
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