La vita non è tenera nei confronti di Alice e Mattia, legati da un rapporto intenso ma fin dall’adolescenza esiliati dal mondo dei loro coetanei oltreché incompresi tra le mura domestiche. Il futuro che costruiscono dopo gli anni della scuola, lontano l’uno dall’altra, sembra portare nuove speranze. Ma il passato torna presto per chiedere conto degli errori commessi.
A dirla tutta Mattia e Alice, i due infelici protagonisti de La solitudine dei numeri primi non sono poi così soli, considerando il successo clamoroso ottenuto dal libro di Paolo Giordano e il traino pubblicitario che sta facendo strada alla pellicola omonima di Saverio Costanzo, nelle sale del nostro Paese in oltre 300 copie fra poco meno di 24 ore e presentata ieri in concorso al Festival di Venezia. Nelle proiezioni mattutine al Lido non sono mancati calorosi applausi, ma in un clima generale di consenso i pareri critici si sono rivelati nient’affatto isolati. Il confronto tra le immagini di un lungometraggio e le pagine che lo hanno ispirato si rivela spesso impietoso per il mezzo cinematografico, come ricordano innumerevoli precedenti nella storia della settima Arte. Quando poi il volume di riferimento è recente, si è aggiudicato il prestigioso premio Strega nel 2008, è stato venduto in Italia e all’estero in un milione e mezzo di copie e ha emozionato lettori di ogni età e strato sociale, il rischio di deludere le attese diventa ancora maggiore.
È bene chiarire in via preliminare che La solitudine dei numeri primi, in ‘versione cinema’, è un film realizzato con garbo, intelligenza e coraggio di rischiare. Costanzo, apprezzato per le sue precedenti fatiche dietro la macchina da presa (Private, che, uscito nel 2004, ha raccolto numerosi riconoscimenti, e In memoria di me, del 2007) dimostra di non aver sofferto complessi di inferiorità rispetto al testo di cui ha portato a termine la trasposizione su grande schermo. La storia di fondo resta per sommi capi quella che aveva raccontato il titolo d’esordio di Giordano, ricercatore di Fisica prestato con esiti trionfali alla narrativa, cooptato poi da Costanzo per la stesura del soggetto e della sceneggiatura. Il trentacinquenne regista romano, che inizialmente non aveva aderito con troppo entusiasmo alla proposta di dirigere il film, non si è limitato a imprimere su pellicola le frasi del libro. Ha preferito innestare idee nuove in un canovaccio già sperimentato e rimodellare i tempi della narrazione, escludendo o amplificando figure e situazioni conosciute tra le pagine del romanzo.
ma su questo sito oltre quei 29 films non è possibile vederne altri?allora dovrò cercarmene altri!
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