Una giornata intera vissuta appresso le vicissitudini, anzi, le peripezie di Monsieur Oscar. Che, nell’arco delle ventiquattro ore, assume le sembianze di persone diverse, di classi sociali differenti, con attività del tutto distinte. Ma soprattutto viaggiando nel tempo in epoche lontane le une dalle altre. Tutte esperienze affrontate fino all’ultimo respiro, con creatività e ingegno.
Una vita, tante vite. Un sogno, un incubo. Certamente un’avventura fuori dalla categoria della normalità. A spasso nel tempo, trascinati dal vortice del cosmo. È sempre affascinante quando, sul grande schermo, vengono dipinte le esistenze fluttuanti di uomini (e donne) straordinari. Leggere e intense, vibranti, in una sola parola eccezionali. Ma il viaggio raccontato dal visionario regista francese Leos Carax (Rosso Sangue, Gli amanti del Pont-Neuf, Tokyo!) non è soltanto fisico. Non c’è una meta e neanche un vero perché. È un cammino metaforico, se vogliamo metafisico, che esplora tante sfaccettature, spesso spigolature, della condizione umana. E quale miglior luogo, onirico e sognante come la città di Parigi per ambientare questa storia surreale? Che poi, non c’è un ordine prestabilito ad eventi e situazioni, e dunque verrebbe da pensare che solo il caos governa l’iter delle cose. Eppure così non parrebbe visto che qualcuno c’è dietro le quinte a instradare il protagonista. Anche questa è una ricerca subliminale del trascendente? Ecco perché Holy Motors - in concorso a Cannes 2012 e presentato in molti altri festival in giro per il mondo, tra cui Locarno - è una pellicola vincente, perché instilla domande interessanti allo spettatore. Cast all’altezza della sfida con Denis Lavant, Eva Mendes e Kylie Minogue sugli scudi. Consigliato a quanti sanno che la materia dei sogni è spesso composta di celluloide.
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