Tom Selznick è un virtuoso del pianoforte di fama mondiale, ma una clamorosa topica durante un concerto gli ha servito su un piatto d’argento una fobia da palcoscenico. A ciò è seguito un anno sabbatico durato un intero lustro per rifare il pieno di fiducia in se stesso. O almeno di questo è convinta Emma, la giovane moglie, bella e affermata attrice, che ha organizzato uno spettacolare concerto a Chicago per celebrare la rentrée del marito. La giusta medicina per guarire definitivamente Tom e allontanare i fantasmi dell’antica debacle è una performance dal vivo. Si alza il sipario, il pianoforte a coda attende il maestro. Lui sembra tranquillo, inizia a suonare. Le pagine dello spartito, però, celano un curioso avvertimento. In mezzo a note e pentagrammi, una scritta in rosso annuncia perentoria: “Sbaglia una sola nota e morirai”. Uno scherzo? No, la realtà si fa viva attraverso un auricolare. E minaccia di morte anche Emma…
A ciascuno il suo. E non chiamatelo hitchcockiano, per carità. Lo spagnolo Eugenio Mira ha indubbiamente un suo stile. Altrettanto pacificamente si può dire cerchi ispirazione attraverso uno dei grandi maestri del thriller. I paragoni con Alfred Hitchcock, però, meglio metterli velocemente da parte. Già, perché se gli esercizi di stile del girato abbondano tra le peculiarità del cineasta iberico, la sostanza – anche per un colpevolmente abulico script – si dimena nella bolla di uno status prevedibile e inconsistente che fa fatica a creare una suspense capace di tenere col fiato sospeso lo spettatore. E sì, che con gli split screen e le carrellate lunghe, Mira ci saprebbe anche fare, ma un thriller degno di questo nome non può limitarsi a eseguire con brillantezza e da bravo scolaro i compitini che il genere impone. Il ricatto conduce la mente a quel poco memorabile Phone booth di Joel Schumacher: un thriller elegante e calcolato in alcuni aspetti ancora nervoso e atonale in altri. A esser più chiari, il lavoro pregevole della macchina da presa fa da contraltare alla qualità sfocata della sceneggiatura con una narrazione oscillante tra momenti di intensità e momenti di imbarazzante humour. E l’inadeguata vena di soggetto e sceneggiatura manda a carte quarantotto anche lo splendido lavoro alla colonna sonora di Victor Reyes che fonde le sue musiche originali con alcuni arrangiamenti di Beethoven. Senza sparare sul pianista, salviamo senza indugi le prestazioni del claustrofobico Elijah Wood (Tom) e del sicario seriale che lo insegue abbaiando minacce dall’auricolare, John Cusack. Mettiamola così: regista promettente, script che imbarca acqua da tutte le parti. Il ricatto ha un suo fascino ma di fatto rimane una grande incompiuta.
Non ci sono commenti.
Aggiungi un commento