Canada settentrionale, lì dove i ghiacci sono compagnia costante degli abitanti vive il giovane Luke. Non ha più il padre e questa tragica esperienza ha segnato incontrovertibilmente la sua esistenza, il suo rapportarsi con gli altri, con i coetanei. E reso sua mamma più protettiva. Adesso lei è lontana per lavoro e il destino ha ancora in serbo una sfida molto ardua per il ragazzo. Un’orsa che si è avvicinata troppo al villaggio viene catturata e portata a distanza di sicurezza dal centro abitato. Fin qui nulla di strano, se non che l’allontanamento dell’animale ha lasciato il suo cucciolo solo e sperduto. Luke trova il piccolo orsetto e si mette in testa di riportarlo alla madre. I pericoli sono tantissimi, ma il freddo, la neve, il ghiaccio non gli fanno paura. Nel suo viaggio viene accompagnato da Muktuk, guida inuit che conosce bene quei luoghi. Durante il percorso, però, una tempesta dividerà l’uomo da Luke e Nanuk, questo il nome dato all’orsetto, che dovranno proseguire da soli…
Batte un cuore disneyano nella pellicola firmata da una coppia insolita, il documentarista Brando Quilici e il regista Roger Spottiswoode. Il mio amico Nanuk si va a inserire in quel catalogo di titoli pensati apposta per le famiglie ed è perfettamente in tono con l’incipiente periodo natalizio. Del resto cosa c’è di più bello dell’amicizia tra un ragazzo e un cucciolo d’orso – o comunque di qualsiasi altro animale. Un’amicizia tra due piccoli a cui il destino cinico e baro non ha riservato nulla di buono se non quello di ritrovarsi tra i ghiacci e di stringere un patto di fedeltà. Di materiale su cui riflettere ce n’è a iosa e grazie a una trama semplice e lineare ci si addentra più facilmente anche nelle varie sfaccettature che lo script concede. Il bimbo orfano di padre trova il modo di sfogare la sua rabbia repressa per la perdita del genitore attraverso la speranza di restituire Nanuk alle coccole della sua mamma. E il legame quasi simbiotico che riesce a crearsi tra il giovanotto e la tenerissima palla di pelo è commovente. Non teme i pericoli che dovrà affrontare durante il lungo e periglioso viaggio, Luke, la meta è troppo importante per Nanuk e per lui, per una sua personale rivalsa contro quella natura che gli ha tolto la compagnia del papà. E in questo commovente quadro, s’inserisce bene anche la sottotrama che riguarda Muktuk, la silenziosa guida di origine inuit (gli abitanti dell’Artico) era un caro amico del padre di Luke, la persona che era vicino all’uomo quando questi è morto, e ritenuto in qualche modo responsabile della tragedia. Dalla mamma di Luke e dagli abitanti del villaggio. Un gran bel film di Natale, ricolmo di buoni sentimenti e con una fotografia di una bellezza mozzafiato, reso ancor più prezioso se si considera che non è stata usata la computer grafica e l’orsetto con cui si relaziona Dakota Goyo (Luke) è proprio un meraviglioso esemplare in carne, ossa e pelliccia!
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